Fa il pomeriggio oggi Souddit. In sella alla sua bicicletta elettrica percorrerà nella tipica atmosfera invernale padana i sette chilometri che ci sono tra la Casa dell’Accoglienza di Cremona, dove vive, e la Rsa del vicino paese di Castelverde, dove lavora come Ausiliare socio assistenziale. Souddit ha 20 anni e viene dal Togo dove da oltre 50 anni, attraverso un sistema dittatoriale, comanda un’unica famiglia. E’ arrivato in Italia quattro anni fa, per mare.
“Non ho deciso io di venire qui – comincia – Sono scappato dal mio paese quando sono rimasto orfano. Mia mamma è morta quando mi ha partorito, mentre mio papà è morto in prigione dove era stato rinchiuso come oppositore. Allora mi sono messo in viaggio e sono arrivato in Libia. Sono finito in prigione. Una mattina mi hanno svegliato e mi hanno buttato sulla barca. Dopo sei giorni, mi sono ritrovato in Italia…”.
Minorenne, a maggio 2017, è arrivato a Cremona, alla Casa dell’Accoglienza della nostra Caritas. Qui ha cominciato, con sacrificio e passione, un percorso di integrazione e di crescita, personale e professionale. Ha ottenuto la terza media e ha concluso con successo un corso per Asa. “All’esame ho preso anche un bel voto”, sorride soddisfatto. Poi, qualche esperienza di tirocinio presso strutture per anziani e disabili del territorio e il 28 luglio di quest’anno (la data ce l’ha ben in mente) l’assunzione presso la Rsa di Castelverde. “Mi piace lavorare con gli anziani – racconta – Loro mi dicono che sono bravo”.
Prospettive per il futuro? Souddit non si accontenta dei traguardi raggiunti ed è già in pista per centrare i prossimi obiettivi. C’è la patente (“Mi sono iscritto ma non sempre con i turni riesco a frequentare”) e c’è la casa (“Mi piacerebbe trovare un alloggio mio, ma sto aspettando il documento perché senza quello non posso cercare”). Anche dal punto di vista formativo, Souddit ha delle aspirazioni: “Voglio continuare gli studi – dice – Mi piacerebbe fare il corso per Operatore socio sanitario e in un futuro studiare per diventare infermiere. Dipende se riesco con i turni. La testa ce l’ho per farlo…”.
Una testa che è concentrata sugli obiettivi qui, ma che pensa tutti i giorni al Togo. “In Togo mi è rimasto uno zio che ha tre bambini – conclude Souddit – Ci sentiamo spesso. Da qui io provo ad aiutare lui e i suoi figli e anche i bambini orfani del mio paese. Perché possano studiare e non essere delinquenti…”. Perché abbiano una possibilità e con impegno si possano costruire un futuro. Come lui.