“Don, conosciamo in italiano il Padre nostro e anche l’Ave Maria”. Hanno scelto di cominciare con una preghiera recitata insieme nella cappella della Casa dell’Accoglienza. In mano hanno il rosario e sul petto i colori del loro paese. Sono una ventina di signore ucraine, tra i 45 e i 60 anni, tutte badanti, che da più di dieci anni alla domenica, il loro giorno libero, si ritrovano alla sede della Caritas Cremonese per stare insieme. Sono sole qui in Italia, arrivate negli anni 2000 per prendersi cura dei nostri anziani e inviare i soldi del loro lavoro alle famiglie rimaste in Ucraina. Una volta al mese alla Casa dell’Accoglienza arriva anche un prete da Bergamo o Brescia per la messa cattolica di rito orientale celebrata nella loro lingua.
Nella domenica che segue il 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa in Ucraina, ovviamente la preghiera, il pensiero e il racconto sono tutti concentrati sulla guerra in corso. “Per fortuna riusciamo a sentire tutti i giorni i nostri figli e le nostre famiglie in Ucraina – dicono quasi in coro – Spesso ci scrivono, non chiamano perché devono essere veloci a proteggersi nelle cantine se suonano le sirene”.
Nessuna di loro ha parenti che sono fuggiti. “I nostri figli hanno deciso di restare in Ucraina – raccontano – Vogliono stare là e resistere, vogliono lottare per la libertà”.
Una di loro ha la figlia che deve partorire a giorni: “Chissà dove nascerà mio nipote – si domanda con gli occhi lucidi – In ospedale, in casa, in cantina…”. Sui loro volti e nelle loro parole c’è preoccupazione, rabbia per anni e anni di sopraffazioni, incredulità per una situazione drammatica. “Noi assistiamo i vostri cari – dicono – e in questo momento non riusciamo ad abbracciare i nostri”. Aiuti? “Ne servono tanti – concludono le signore ucraine – ma non ci piace fare appelli. Siamo abituate a dare, non a ricevere. Ringraziamo la Caritas perché qui ci sentiamo come a casa. E ringraziamo gli italiani perché noi qui, tra tanti sacrifici, alla fine stiamo bene”.
“Il loro ritrovarsi qui ogni domenica è molto bello – è il commento del direttore di Caritas cremonese don Pier Codazzi – Per loro vuol dire darsi coraggio insieme. Un segno molto bello di attenzione da parte di Caritas a questa comunità, un segno anche molto nascosto. In questo periodo le lasciamo spesso in Chiesa a pregare perché ci dicono continuamente che solo con la preghiera le loro famiglie avranno la forza di rimanere in Ucraina e di affrontare questa prova durissima. Quindi anche noi ci uniamo a loro nella preghiera, ci prepariamo all’accoglienza se l’Europa e il Governo italiano ce la chiederanno e, nel frattempo, chiediamo a tutti, attraverso i canali aperti anche dalla Caritas cremonese, un aiuto a favore della popolazione ucraina”.