La pandemia, la guerra in Ucraina, le disparità di trattamento tra profughi, le nuove sfide per ripensare l’impegno della carità nella Chiesa, la Giornata mondiale del rifugiato che si celebra proprio il 20 giugno, il Sinodo della Chiesa italiana. Questi i temi che hanno fatto da sfondo alla prima giornata di lavori del 42° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, che da lunedì 20 giugno fino a giovedì 23 vede riuniti 540 delegati, tra direttori e collaboratori di Caritas diocesane e di Caritas italiana a Rho. Di nuovo in presenza dopo una lunga pausa, con una società molto diversa da quella pre-pandemia, con povertà materiali e psicologiche in aumento – soprattutto di anziani, migranti, giovani – e un interrogativo aperto su come “Camminare insieme sulla via degli ultimi”, come cita il tema del convegno.

Presente anche una delegazione della Diocesi di Cremona con il vescovo Antonio Napolioni, il direttore di Caritas Cremonese don Pierluigi Codazzi, Alessio Antonioli (del Centro d’ascolto della Caritas diocesana) e Andrea Cariani, under 30, fascia d’età che in questo convegno della ripartenza gioca un ruolo da protagonista. A tal proposito la prima serata di convegno è stata caratterizzata da incontri tematici sui giovani, con l’esperienza delle Young Caritas; sulla comunicazione, con lo scrittore Eraldo Affinati e la sua testimonianza sull’esperienza delle scuole Penny Wirton; e sulle politiche migratorie, con la presentazione di un quaderno sul Pnrr.

La nostra delegazione durante una pausa

La rappresentanza diocesana si arricchisce nei giorni del convegno anche grazie alla presenza di operatori e volontari della parrocchie che hanno la possibilità di partecipare ai vari momenti assembleari.

No a profughi di serie A e di serie B. «La Caritas non fugge dalle cose difficili, ne ha timore di intervenire, con umiltà e fermezza, per promuovere i diritti di tutti: ad esempio per ricordare che non ci possono essere profughi di serie A e di serie B e che le guerre sono qualcosa di tragico e di folle non solo quando avvengono relativamente vicine a noi», ha detto mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia e presidente di Caritas italiana. 12.700 profughi arrivati nel nostro Paese dall’Ucraina, di cui oltre 5.600 minori, sono stati già accolti in 145 diocesi.  E proprio perché il 20 giugno si celebra la Giornata mondiale del rifugiato, mons. Redaelli ha precisato al Sir che «tutti i rifugiati sono importanti, non solo gli ucraini. Tutti hanno bisogno di essere accolti e diventare primi”. Da qui l’invito a “garantire accoglienza e pari dignità a tutti, senza discriminare e rispettando i diritti delle persone». Riguardo alla difficile congiuntura economica e all’aumento dei prezzi, il presidente di Caritas italiana ha riferito di «un numero spaventoso di persone che si rivolgono alle Caritas per chiedere aiuto per pagare le bollette». Mons. Redaelli ha confermato anche l’aumento della povertà degli anziani e dei migranti, come risulta dai recenti dati Istat, «ma anche dei giovani, che vivono una precarietà affettiva e di orientamento, mentre i migliori fuggono all’estero».

Durante uno dei workshop

Far tesoro delle pandemie. Un appello a «far tesoro delle pandemie. E ricordarci chi sono gli anziani, i più deboli, le persone con malattie psichiatriche, con problemi di relazione» è venuto dal card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana: «Non tornate quelli di prima! Dobbiamo cambiare, dobbiamo crescere, far tesoro di queste tragedie con la nuova consapevolezza che non ci siamo solo noi ma ci sono gli altri».

Il presidente della Cei ha ringraziato le Caritas perché ha «vissuto mesi e anni di grande pressione, con l’aumento dei poveri, l’isolamento, il disorientamento e le difficoltà. Ma ripensare i modi per vivere la carità è stato molto salutare perché ci costringe a ripensare abitudini un po’ invecchiate e accorgerci di situazioni nuove come la pandemia e la guerra».  Il card. Zuppi ha soprattutto ricordato alle Caritas: «Voi siete la Chiesa, non una agenzia esterna a cui la Chiesa affida la carità». «Dobbiamo sentire l’urgenza delle risposte – ha sottolineato –, non diventate un settore a parte ma ricordate a tutte le nostre comunità di camminare tutti sulla via degli ultimi», ricordando che  «non basta fare qualche cosa ma bisogna risolvere le cause». A proposito della guerra in Ucraina, l’invito è «a essere operatori di pace, artigiani di pace. Su questo c’è molto da impegnarsi e impegnare soprattutto i giovani». «Non crediamo a quelli che dicono il tempo della misericordia è passato – ha concluso -. Aiutate la Chiesa italiana ad essere quella madre ansiosa che non lascia nessuno indietro».

Gratitudine, valutazione critica e fiducia. Sono le tre parole/indicazioni che l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha affidato ai partecipanti. «Voglio ricordare la gratitudine della Chiesa milanese e italiana per ciò che le Caritas fanno – ha detto mons. Delpini –. Vorrei invitare a una valutazione critica sull’operato delle Caritas, per un pensiero, un confronto, una creatività per il futuro. La terza parola, la fiducia, si riferisce alle sfide che ci sono davanti, ossia la crescita impressionante dei bisogni e delle emergenze». «Non bisogna scoraggiarsi di fronte alla scarsità delle risorse e all’invecchiamento dei volontari – ha sottolineato l’arcivescovo di Milano –. Noi cristiani riteniamo che la fiducia sia una virtù irrinunciabile, non ottimismo ostinato. È la capacità di trarre anche dai problemi delle soluzioni, dalle povertà delle risorse, di far diventare le persone fragili protagonisti della loro storia».

Mons. Valentino Bulgarelli, sottosegretario della Cei, ha invece sviluppato una relazione sulla carità come «principio fondante del cammino sinodale» e ha poi risposto alle domande della platea.


Tratto dal sito della Diocesi di Cremona