Donne, madri, ma prima di tutto figlie, che spesso non hanno sperimentato in prima persona la premura materna. Sono loro le protagoniste del corso di scrittura partito a Casa di nostra Signora, di cui vogliamo parlarvi in occasione della Festa della Mamma, appena trascorsa. “Qualche volta si racconta della propria madre, racconti in cui emergono trascuratezza e vergogna, il dolore di non aver corrisposto aspettative, un senso di incomprensione. Altre volte invece si raccontano le proprie maternità. Ci si commuove e poi, con coraggio, si rimettono insieme i pezzi e si va avanti.” – ci spiega la dott.ssa Nicoletta D’Oria Colonna, coordinatrice di “Casa di Nostra Signora”. La scrittura rispecchia la definizione stessa di maternità: continuità. Perché “scrivere talvolta è anche occasione di dono: scrivo di te ed in qualche modo ti rendo immortale”, specifica Nicoletta.

Il corso di scrittura è a partecipazione libera, anche se “invitiamo comunque sempre a provare almeno una volta le animazioni laboratoriali che proponiamo, perché così ognuna delle donne che ospitiamo ha la possibilità di trovare il proprio canale comunicativo” – aggiunge la dottoressa. Quindi risulta un gruppo eterogeneo, composto da donne di età differenti tra loro, con esperienze di vita molto diverse che si incontrano. L’approccio è laboratoriale e ogni lezione consiste nella lettura e nella rielaborazione di testi. L’obiettivo è quello di far emergere i vissuti delle ospiti, perché trovino nel confronto un’occasione di cura, anche per chi ha un basso livello di scolarizzazione (si può partire anche con la lista della spesa!). Scrivere è cantare la vita e prendersi cura di noi stessi, ma anche mettersi in ascolto dell’altro. Ci porta lontano ma nello stesso tempo, ci riporta a casa dopo un’avventura nel bosco, nel labirinto dei nostri pensieri più profondi, più veri”, continua Nicoletta.

Ospite che scrive

Allora, scrivere permette alle partecipanti di rendere concreta la storia della propria vita e di raccontarla a un lettore. Il racconto della propria esistenza viene affidato a qualcuno fuori da se stesse, diventando anche il racconto di qualcun altro o addirittura un’altra storia, quando viene letta ed espressa con un occhio diverso. Infatti, “nel corso dei laboratori, c’è una parte dedicata alla condivisione, in cui le ospiti sono chiamate a ri-raccontare la storia narrata da un’altra. L’ascolto si fa sguardo che riconoscendo dona presenza, essenza e cura. Esistiamo nello sguardo dell’altro, infatti, quando ci avviciniamo a qualcuno (ci avviciniamo tanto) possiamo vedere nei suoi occhi la nostra presenza”, aggiunge Nicoletta.

Si è visto nel corso delle prime “lezioni”, che si svolgono una volta alla settimana, come il laboratorio di scrittura sia una palestra di ascolto reciproco in cui si fa esperienza della vicinanza dell’altro. Aiuta le ospiti che hanno vissuto dei traumi nel loro percorso verso la scoperta di sé, per rispondere alla domanda “chi sono?”. Questo percorso, vissuto a contatto con le altre partecipanti, aiuta ad attraversare “la selva oscura” per trasformare lo scoraggiamento in volontà di azione e di riscatto.

A testimonianza di come il laboratorio possa diventare un’esperienza di rinascita e un’esperienza di scoperta di abilità impensate, “una delle ospiti ha deciso di trascrivere i suoi ricordi (di devastanti violenze) diventando autrice di un proprio autoritratto narrativo in cui, attraverso il silenzio, ha codificato un pensiero che rischiava di restare emotivo e confuso, disorganizzato”, conclude la coordinatrice.


“La mia mamma”: i testi delle ospiti

“La mia mamma era bellissima, tenera, sempre indaffarata nelle tante faccende domestiche mentre io e mia sorella ci impegnavamo nei compiti. Era solare, innamorata di noi figlie, ma anche preoccupata perché veniva da una famiglia povera, umile ed a Milano non aveva parenti che la potessero aiutare.
Si era aggrappata alla fede fortemente e noi figlie sapevamo che quando era fuori casa con le sue amiche era sempre in gita presso santuari o nelle chiesette a recitare il rosario proprio con queste “amiche”.
E’ stato terribile quando scoprimmo che si era ammalata di un ictus, ictus malcurato che la portò in cielo in breve tempo. Tutte le lacrime del mondo non bastarono per piangerla, ma essa continua a vivere nei cuori di chi in vita l’ha conosciuta ed amata. Le nostre passeggiate nel verde della campagna con mia nonna sono un bellissimo ricordo che non dimenticherò mai. Mi ricordo i rimbrotti che faceva a mio padre perché smettesse di fumare e l’ardire di mio padre che non le dava mai ascolto.
Oh! Dolce mamma, non ti dimenticherà nessuno della nostra famiglia, a chi ha passato la sua gioventù con te, così candida e bella.”

Era una brontolona… mi ricordo poco.
Si è ammalato il papà e poi si è ammalata lei.
Mi faceva fare sempre i mestieri, anche a mia sorella. Era scherzosa, ho un bel ricordo. Lei non era severa come il papà. Lei non voleva se lui ci picchiava.
Era buona la mia mamma.

Aveva 79 anni quando è morta, lui 83 anni.”