Nelle scorse settimane l’Istituto secolare delle Oblate di Nostra Signora del Sacro Cuore di Cremona ha perso la presenza terrena di Angela Maria Guarneri (il 3 maggio) e di Lucia Galimberti (il 16 maggio). Insieme hanno lavorato per una vita, anzi due. E insieme se ne sono andate. Sembrerebbe dolcemente romantico se non fosse che si aveva a che fare con due guerriere.

L’Istituto delle Oblate – che ha in don Claudio Rubagotti il suo assistente ecclesiastico – si è, infatti, caratterizzato negli anni per l’impegno religioso, sociale ma anche politico, volto all’educazione e alla promozione della figura femminile, accompagnandone lo sviluppo culturale in tempi storici divenuti memorabili, di cui però, non si sono ancora pienamente soddisfatte le premesse: si pensi alla malintesa emancipazione femminile, all’attenzione quasi esclusivamente economica al mondo dell’infanzia e alla sostituzione degli antichi valori con il nulla, che se fosse almeno tale si potrebbe pensare di abitarlo con qualcosa, con qualcuno, mentre sembra piuttosto un non luogo in un non tempo artificialmente perfetto, asettico, in cui i giovani (e non solo) “ammazzano” il tempo unico della propria esistenza in una sorta di allucinazione collettiva. È “stupefacente” come noi adulti spesso restiamo inermi, incapaci di combattere pensandoci scagionati dalla responsabilità che è l’azione nel giusto, ad esempio.

Per nostra fortuna c’è sempre chi resta col cerino in mano.

Casa di Nostra Signora rappresenta una prova della volontà di tracciare un solco, fatto di tanti passi (nel tempo e nello spazio) per arrivare non solo ad avere “un luogo” ma anche persone che lo abitino, insieme. È la casa voluta e costruita dalle oblate, che oggi opera segno di Caritas Cremonese che ne ha ricevuto il testimone e che sempre di più vuole essere palestra di un impegno religioso e civile che tenta di tenere accesa l’attenzione all’oltraggiata umanità.

Nella quotidianità veloce e sfuggente, contraddistinta per lo più dal perseguimento della soddisfazione (effimera) di bisogni indotti e inutili, non ci accorgiamo dell’esistenza di persone simili a piccoli angeli che si adoperano quotidianamente per rendere il mondo un posto migliore in cui vivere. Raramente siamo in grado di riconoscere chi è in difficoltà, ancor meno ci accorgiamo di chi presta soccorso, specialmente se, alla vera maniera cristiana – ma basterebbe dire “alla vera maniera” – si tratta di un fare tanto concreto quanto silenzioso: nascosto o forse sarebbe meglio dire mescolato come fosse un ingrediente segreto ma irrinunciabile per la buona riuscita di un piatto prelibato.

Mi piace insistere sul termine “segreto” e sulla sua accezione bella e positiva, così lontana dall’apparente (dis) orientamento di (non) senso attuale: un segreto è qualcosa che sta in un altro luogo e che probabilmente prende buona parte del suo valore proprio nel tempo e nello spazio, altro, in cui si anima. Un segreto comporta inesorabilmente un conflitto, una scissione di quel sé da ciò che sta nascosto, il “se-cernere” che nell’etimologia del termine italiano è un participio, cioè un partecipante, per giunta passato, nel senso di composto. Perché da soli sarebbe inutile avere un segreto. Un segreto comporta comunque l’esistenza di almeno due persone: chi ce l’ha e chi lo ignora.

Questo fanno le Oblate: tengono un segreto con il Signore, tengono un segreto tra di loro e, per quel che ho potuto toccare con mano, mantengono in disparte, tra loro, l’aspetto “conflittuale” di questa scelta che è poi quella di mettersi da parte per fare posto all’Altro attraverso gli altri, tengono segreta la parte nascosta del cuore, quella “soavemente tenuta” da qualcun Altro con cui dialogano e talvolta litigano, ma poi ubbidiscono sempre in nome dell’Amore, anche oltre la ragione.

Anche questo è ciò che ho visto in Angela Maria e in Lucia, Oblate di Nostra Signora del Sacro Cuore. Questa è l’eredità vera che ci lasciano e che ci lasceranno le Oblate: queste presenze significative e silenziose nel mondo, nascoste perché mimetizzate, confuse tra la gente per arrivare anche dove l’apparenza potrebbe chiudere una porta, un orecchio, un cuore. Testimonianza viva di un servizio che per essere tale non deve distaccarsi dal mondo, ma da quella parte di sé che se troppo presa sul serio allontana da tutti, perché sfuggente di natura, perché la mappa per trovare il centro di ognuno di noi porta, in verità, fuori da noi a percorrere le vie del mondo che sono poi quelle del Signore, già da Lui tracciate nell’esperienza terrena.

Abbiamo bisogno di qualcuno che sia in grado di testimoniare la soddisfazione che si prova prendendo sentieri, soprattutto impervi, che avvicinano agli altri. Abbiamo bisogno della bellezza che deriva dalla spontaneità schietta di chi tira dritto al centro al cospetto di chiunque in nome di una verità inconfutabile: mettere in disparte se stessi significa trovare se stessi.

Siamo qui per testimoniare la testimonianza. Sembra un discorso da matti, ma è proprio così. Perché Angela Maria e Lucia avevano fatto questa scelta: consacrare la vita al servizio del bene, nel giusto. Ogni giorno lavoravano e curavano la vigna del Signore a mani nude, in un modo un po’ segreto, alla maniera delle Oblate.

Casa di Nostra Signora, a nome della quale sto scrivendo, rappresenta l’eredità che l’Istituto delle Oblate ci lascia, perché possa manifestarsi in essa la cura delle fragilità – che sono poi occasioni per essere migliori – e la promozione della figura femminile. Ogni volta che venivano ci chiedevano “chi c’è in casa?” e non chiedevano, come fanno molti, quante persone ci sono. Sapevano riconoscere l’unicità e l’importanza di ciascuno, ragionavano con noi delle possibili soluzioni ai tanti problemi della vita ed erano molto lucide nell’offrire risposte concrete, senza perdere tempo, allargando il tempo come solo chi vive per gli altri, per un Altro, può fare.

La mission di Casa di Nostra Signora è nel tentativo di testimoniare la potenza di uno stare accanto – con competenza e con passione – a chi ci viene offerto come prossimo, a chi ci viene incontro perché possiamo noi essergli prossimo, declinando il giorno con semplicità.

Angela Maria ci ha lasciato un messaggio appeso sulla porta dell’ufficio: “Siate fuoco e incendiate il mondo!”. Come facevano loro. Come proviamo a fare, dietro di loro.

Nicoletta D’Oria Colonna
operatrice Caritas Cremonese
coordinatrice Casa di Nostra Signora