«E se non avessimo la… comunità?». Questo la domanda posta direttamente dal titolo della relazione del pedagogista Giorgio Prada, intervenuto nella mattinata di sabato 11 novembre a Cremona al convegno diocesano per gli operatori della carità che ha aperto la “Settimana della Carità 2023”. Una nutrita presenza dei volontari delle Caritas parrocchiali e delle San Vincenzo de’ Paoli del territorio nel salone Bonomelli del Centro pastorale diocesano di Cremona.

L’incontro – dal titolo «Non distogliere lo sguardo dal povero» – è stato aperto da un momento di preghiera guidato dal vescovo Antonio Napolioni, che ha riflettuto a partire dal vangelo dei discepoli di Emmaus, mettendo in guarda dall’abitudine che porta alla stanchezza. Una riflessione che, prendendo spunto dal ritorno a Gerusalemme presentata nel brano del Vangelo di Luca, ha portato alla più stringente attualità. «Ci voleva proprio Gesù. Ci voleva proprio la rivoluzione del Vangelo. E ci vuole ancora. E ancora di più», ha detto il Vescovo. «La rivoluzione di un Dio che si fa talmente prossimo da incarnarsi in ogni frammento di umanità». E ancora: «Dobbiamo proprio tornare a Gerusalemme. Gerusalemme è ogni città chiamata a essere città della pace. E quanta poca pace c’è nelle nostre strade, nei nostri quartieri, nelle famiglie, tra le generazioni, tra le culture. Quanta poca accoglienza, quanta poca carità». E ha proseguito: «Eppure noi ci crediamo ancora in questa carità, in questa accoglienza». «La sida della carità diventa decisiva: – ha detto ancora il Vescovo – è la vera missione che ricevono i discepoli». Per fare di ogni realtà locale la vera Gerusalemme, la «città della pace a cui tornare», grazie alla comunione tra fratelli e anche attraverso il “fare rete”. E ha concluso: «Allora io vi ringrazio, vi benedico e vi mando. Andiamo ancora insieme nella nostra Gerusalemme! Con lo spirito del Risorto, con l’ascolto della Parola da rigenerare ogni giorno perché le nostre motivazioni si affinino, si irrobustiscano, reggano all’urto dei mille limiti umani e si impastino con le motivazioni dei fratelli e delle sorelle, quelli che condividono la stessa fede e anche quelli che condividono solo la stessa fame e sete di giustizia», per vivere gli eventi della storia «meno da spettatori e più da protagonisti, indignati e impegnati».

Cuore della mattinata è stato quindi l’intervento del pedagogista milanese Giorgio Prada, introdotto dal direttore di Caritas Cremonese, don Pierluigi Codazzi. Il relatore, attraverso anche alcuni contributi multimediali, si è soffermato sulla necessità di creare comunità partendo dalle condizioni materiali attuali e dal contenuto del capitolo 13 della prima lettera di san Paolo ai Corinzi. «Si dà per scontato che Paolo ragioni dentro una comunità – ha affermato Prada – ma sappiamo benissimo, proprio dalle sue lettere, quanto le comunità di allora fossero in crisi. Allora mi sono fatto questa domanda: ma sono le condizioni nelle quali Paolo scrive che gli fanno dire determinate cose? Quindi, la comunità è condizione della carità o ne rappresenta piuttosto il punto di arrivo?». Un’interessante provocazione alla quale il pedagogista ha risposto sottolineando che «se è la comunità a fare la carità, sarebbe meglio ritirarsi e aspettare tempi migliori. Ma se invece la comunità fosse l’esito di tanti piccoli gesti di carità…? Non viene prima la comunità della carità, ma forse la comunità nasce proprio grazie alla carità».

Da qui allora le analisi condotte consultando il Documento strategico di Caritas 2023/2027, ed esposte al convegno di Cremona dal pedagogista, dalle quali si evince l’esigenza di ripensare la formazione dei servizi e delle persone – oltre l’assistenzialismo, il volontarismo e il servizio istituzionalizzato – e il protagonismo dei giovani.

«La carità è esperienza, non sono parole né valori. La gente esperisce la carità, che non è qualcosa da imparare, ma da imparare a fare – ha sottolineato Prada –. E allora c’è un problema se pensiamo che basti trasmettere l’esperienza». Guardando ai più giovani aggiunge: «Ciascuno di noi è fatto di esperienze che ha svolto, ma non funziona inserendo ogni tanto qualche gesto caritativo. Forse bisogna davvero pensare che se di iniziazione si deve parlare, queste debbano essere una iniziazione alla carità. Questo significa strutturare percorsi, cioè esperienze, una dietro l’altra». Una solidarietà che non sia dunque episodica, un semplice spot, ma che trovi continuità in un’esperienza che forma e rinnova la comunità.

A concludere la mattinata due testimonianze: quella esposta in modo inedito e suggestivo dall’équipe della carità della Zona pastorale 1; e quella di Daniela Romoli, preside del polo scolastico «G. Romani» di Casalmaggiore, accompagnata da due studentesse coinvolte, insieme ad altri ragazzi e ragazze, in un’iniziativa di raccolta e distribuzione alimentare in collaborazione con le Acli e la San Vincenzo de’ Paoli di Casalmaggiore e «Le Aquile» di San Giovanni in Croce.

Fonte: Diocesi di Cremona.

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